Shapeshifter



 Artegiro Art Gallery Montefiascone (VT)



La vita come esercizio insieme biologico e visionario all’interno della natura in Shapeshifter, la scelta di Calì di connettersi con il suolo, le piante, le rocce, coincide anche con il collegarsi ad un progetto di conoscenza universale dinamico e in evoluzione. Il suo distacco dalla tradizone occidentale che interpreta o esamina la natura, inizia invece un dialogo che è allo stesso tempo contemplazione performativa aprendo tra l’altro nuove modalità per immaginare il discorso artistico.

Renata Summo O'Connell 
estratto dalla presentazione in catalogo del progetto curatoriale timeless | senza tempo




 

l'esplorazione (e l'esplosione) dell'invisibile

di Marco Trulli



La convinzione che ci sia un legame energetico che stringe corpo umano e contesto ambientale in un connubio inestricabile è alla base di molta parte del lavoro di Salvatore Calì, in cui il corpo (il suo) perde confini e si disperde nella natura, “rivestendo” di pelle umana cascate, alberi, luoghi propulsori di un'energia ancestrale. Pensa sostanzialmente ad un mondo fatto di piccole storie brulicanti, di singole persone, come fantasmi o ologrammi, rimasti intrappolati per un eterno momento in uno spazio, diventandone irrisolubilmente parte. Siamo parte di una concezione esplosa di geografia, i luoghi ci sopravvivono ma noi ne provochiamo, con la nostra presenza, mutamenti sensibili o irreparabili, per cui ne diveniamo parte, continuando a portarceli dentro a nostra volta. Ed è proprio questa visione che determina la sua azione, tutta diretta a materializzare l'invisibile, a dare corpo e immagine all'aria, a ciò che sta in mezzo tra gli uomini e il mondo. Questa invisibilità è campo dell'esperienza di Calì, è la distanza che l'artista cerca di colmare attraverso azioni “gentili” e di riconoscimento nei confronti della natura stessa (come ad esempio in Holographic touch e in altri video). 
La volontà di esplodere una visione geografica convenzionale porta l'artista a sperimentare nuove tecnologie in grado di espandere la visione di ciò che ci sta attorno, ampliando l'orizzonte visivo e ricostruendo una vicinanza sensibile ai luoghi. Tutto ciò avviene nel disegno, che“è sempre superiore alla realizzazione per la qualità del desiderio che esprime*” e che qui si manifesta quale mezzo in grado di elaborare una geografia immaginaria che consente all'artista di interiorizzare i luoghi e di tradurli in texture di linee, forme naturali costruite su ossessioni lineari. C'è un processo di astrazione e di sintesi che Salvatore Calì intende portare in atto nei suoi disegni, nel tentativo di una ricostruzione simbolica dell'universo partendo dall'accostamento maniacale di punti e di linee che, messe le une vicine alle altre, disegneranno una dimensione magica di una nuova geografia.
Testo in catalogo.
*G. Di Pietrantonio, Flash Art» n. 152 ott./nov. anno 1989, p. 103
Marco Trulli è un curatore e un critico interessato in arte contemporanea. 


intervista con salvatore calì 

di renata summo-o’connell


1. Aspetti della tua produzione artistica sembrano particolarmente interessati alla tua stessa figura inserita nello spazio reale, in contesti naturali intendendo per ciò spazi aperti dove non esistono tracce dell'insediamento urbano. Potresti commentare o sviluppare questa osservazione spiegando possibilmente i motivi per questi parametri che suggeriscono una metodologia ed un sistema di idee?
 
R. Mi interessa la volontà di comunicare una particolare visione del mondo, ed essa inevitabilmente parte da me, dalla mia persona per confluire poi, tramite l’azione-opera nella coscienza collettiva e nello spazio del reale. Il mio amore e il dialogo-contatto con la Natura inevitabilmente entrano nel mio fare, credo che per l’uomo occidentale, in questo contesto storico pregno di forti cambiamenti, sia necessario che riporti il suo centro in se stesso e nella natura. Sto meditando e agendo un progetto, dove il corpo non è più quello mio ed è inserito in contesti urbani, questi ultimi nella mia visione sono “natura naturata” ci pre-esistono e hanno memoria dei nostri effimeri passaggi.
 
1bis. Esiste il rischio di saturazione nella pratica artistica che si concentra sul corpo stesso dell'artista?
 
R. Il corpo è l’interfaccia della “coscienza agente” nella materia è parte fondante di ogni azione, non credo sia possibile la saturazione nella pratica artistica in quanto, è quel mezzo che la permette.
 
"Ogni fiore è segno d'amore" sequenza fotografica dalla performance io sono qui
Pic by Giuseppe Ranocchiari
2. Vi sono artisti non contemporanei che hanno particolare rilevanza nel tuo percorso artistico e nel tuo lavoro attuale e perché? Esistono artisti viventi che svolgono un ruolo simile o altro ruolo?
 
R. Hanno rilevanza nella mia ricerca più le correnti artistiche che i singoli artisti, diciamo che ho punti di riferimento d’ispirazione che in questo momento della mia ricerca sono importanti, come Joseph Beuys del quale mi piace molto il suo lavoro in “Difesa della Natura” e il suo essere uno sciamano-artista. Di Marina Abramovich che dire, ricordo che da piccolo dopo aver visto una sua performance con Ulay ho praticamente deciso di praticare l’arte. Mi piace Bill Viola perché ha la capacità di indurre, nei suoi video e installazioni, stati contemplativi e spirituali. E altri come Gina Pane, Andy Goldsworty, Luigi Ontani, in particolare mi va di citare Marko Pogacnik artista e geomante sloveno che negli anni 60 ha co-fondato il gruppo concettuale OHO di Lubiana con il quale ho studiato e collaborato a progetti di arte per la Terra.

2bis. Che valore ha la tradizione artistica per te? esistono istanze di continuità per te e se sì in che senso?

R. Possiamo dire che non esiste continuità nella vita che procede per salti quantici? Credo che la tradizione artistica è qualcosa che è legato al DNA delle culture e delle persone che ne siano coscienti o no, in tal senso tutta la “tradizione artistica” è in ciascuno di noi e questo ne fa la continuità, è tutta lì in un punto del mio presente pronta a parlarmi.
 
3. Che importanza hanno i dibattiti contemporanei attuali nel campo dell'arte internazionale per te?
L'ambiente artistico italiano- se ciò esiste secondo te - occupa una rilevanza maggiore per te ed il tuo lavoro rispetto a quello internazionale? Quali sono i motivi dell'una o l'altra posizione?


R. Se tutto ciò serve a far crescere il granoturco allora è buono, direbbe un curandero andino, personalmente aggiungerei: per crescere, il grano, non ha bisogno solo di acqua ma anche di amorevoli cure.
Credo che il luogo e il “clima” culturale che frequenti e vivi influenza per risonanza (empatia) la propria visione che a sua volta influenza il tuo spazio vitale e il tuo agire. Sicuramente uno sguardo oltre i propri orizzonti aiuta a comprendere meglio se stessi, le proprie relazioni e il luogo in cui si vive.
pic by Giuseppe Ranocchiari
3bis. Sei solo o ti senti tale nella tua ricerca artistica? un artista deve essere solo?
 
R. Non riesco a pensarmi isola -anche se isolano lo sono di nascita-, mi piace relazionarmi con altri artisti e con la loro ricerca, cercando in questo un accrescimento. A volte un’improvvisa ispirazione nasce semplicemente da una frase che mi è stata detta. Quando sento solitudine è perché sto guardando troppo fuori da me. La vita è piena di incontri.
4. La critica d'arte oggi svolge un ruolo particolarmente potente rispetto ai mercati: quanto vera o meno è questa affermazione per te?
 
R. Il mercato è importante in quanto, nell’attuale società, non abbiamo altre metodiche per potere continuare a produrre il proprio lavoro, così la critica d’arte, a mio avviso, ha assunto un forte ruolo in quanto è capace, per sua natura di indirizzare il gusto e l’interesse, e in questo processo a volte si dimentica di qualcosa o qualcuno.
 
4bis. Qual'è il tuo rapporto con la critica? e con la ricerca? hanno valore ? che tipo di ricerca un artista dovrebbe svolgere?
 
R. Oddio, penso che un artista responsabile e cosciente sa di dare il suo contributo al “linguaggio del mondo” che è personale e condivisibile allo stesso tempo. Considero il lavoro del critico come un importante ruolo propedeutico e di “traduzione” alla comprensione allargata dei linguaggi dell’arte.

5. Esiste una relazione tra arte e società nella tua visione? In altre parole se il contesto politico/sociale conta per te, cosa vorresti che la tua arte producesse ad un livello pubblico?
 
R. Preferirei parlare della relazione tra arte e vita, in quanto la società e la politica sono presenze “ovvie” nel mio vissuto di uomo occidentale. Ricerco la relazione tra le cose, interessandomi più alle vicinanze che alle distanze. Credo che l’arte mostrata e vissuta ha necessita e non può fare a meno di entrare in relazione con il sociale e il politico, almeno come responso-abilità verso la biosfera di cui siamo parte. Mi piacerebbe che il mio fare d’arte producesse un nuovo e un diverso sguardo sul mondo, un allargamento della coscienza personale e sociale.
 
5bis. L'arte dovrebbe essere una ricerca personale o collettiva? ha senso che un artista abbia un manifesto? non vi è il rischio che perda di vista un cammino più squisitamente autentico?
 
R. Di mio non amo molto i manifesti o le adesioni, credo che essi sono necessari a volte per mettere ordine, consolidare o dare forza a un impulso di ricerca nascente. Per me l’arte è ricerca personale, che è costantemente in contatto con una mente collettiva, - il campo morfogenetico, questo campo di informazione è stato teorizzato dal biochimico e filosofo Rupert Sheldrake -, al quale tutti contribuiamo creativamente dando e ricevendo informazioni, in tal senso ogni contributo “all’Informazione” è un percorso personale e squisitamente autentico.
 
performance io sono qui. Pic by Giuseppe Ranocchiari
6. Sembri privilegiare film(meglio forse utilizzare la parola video?), fotografia e disegno - hai considerato altri media o multimedia nella tua espressione e quali sono i motivi per la tua scelta?
 
R. Nella mia prima mostra (1987) ho usato una fotocopiatrice Xerox per produrre immagini che erano ricerche e sperimentazioni nel campo performativo e della poesia visiva, successivamente un amico mi ha fatto notare come tutti i mezzi da me usati sono in qualche modo legati alla luce, anche nei disegni, cerco di plasmare, modulare campi di luce, essa in qualche modo è una costante. Ogni mezzo che uso è funzionale all’idea intuita, e alla mia capacità di relazionarmi creativamente e tecnicamente con esso, per adesso sono a mio agio con i mezzi che hai elencato.
 
6bis. Si vedono raramente decadenza o bruttezza o textures che non sono evidentemente belle nella tua arte finora - se concordi potresti spiegarne il motivo e se ritieni altrimenti potresti commentare a riguardo?
 
R. Sono un “devoto alla Bellezza”, per citare Antonio Presti. Saper vedere ed essere capaci di mostrare la bellezza là dove apparentemente sembra assente, è un compito di conoscenza e una sfida, credo, che tutti noi dovremmo affrontare, io per primo, e questo non può non riflettersi nella mia visione estetica.

7. Spesso nel tuo contesto di immagine disegnata, il corpo umano non appare suggerendo la nozione che il tuo disegno sia destinato a svolgere un compito particolare nella tua produzione artistica : è così e perchè?
 
R. Nei miei disegni il corpo è presente come gesto che produce il segno, così come sono presenti, pensiero, intuizione, casualità e controllo. L’atto del disegnare è una necessità che mi conduce spesso in stati di contemplazione e di percezione profonda ed è (e in diversa misura anche con gli altri mezzi che utilizzo) come se creassi mondi, non faccio altro che far si che essi si manifestino sulla pagina, come il collasso della forma d’onda che diviene particella, atomo, materia, vita, emettendo energia.
 
7bis. Nel tuo percorso artistico vi è stata un’apparente interruzione considerevole: potresti parlare di quale sia -se vi fosse- la differenza principale tra il primo periodo di produzione artistica e l'attuale periodo?
 
R. Sentivo che qualcosa mancava al mio lavoro, e così per otto anni sono andato alla ricerca, lontano da mostre, gallerie e dal fare. Mi sono fiondato verso l’esplorazione di me stesso, ho fatto esperienze con sciamani, geomanti e maestri spirituali, e man mano che procedevo mi accorgevo come queste esperienze avessero fondamenti nel mondo reale dell’immaginazione, erano come performance, potevi in qualche modo modellare le tue esperienze e sentire dentro profondamente e nel tuo corpo quanto potessero essere reali. Ora, osservando il mio lavoro con il necessario distacco ci vedo una continuità, una sua evoluzione, ora conosco e riconosco l’importanza dell’invisibile del trascendente nel mio lavoro. Era quello che cercavo. 



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